Terzo Piano
Cosa succederebbe se gli abitanti di un condominio fossero costretti a rifugiarsi nello stesso appartamento mentre all’esterno infuria un’alluvione?
La risposta è nel romanzo d’esordio di Marta Bonucci, Terzo piano, edito da Scatole Parlanti, una storia corale con protagonisti degli estranei che fuggono dall’incombenza della pioggia incessante. Il fenomeno naturale sembra essere un personaggio alla pari degli altri, che scandisce il tempo e il ritmo del racconto. La tensione aumenta insieme all’alluvione che si intensifica.
“La pioggia fa così: cade, talvolta corre, cola a terra e defluisce. […] Cade giù, spesso caracolla, batte, sbatte, tutto percuote. Non ha colpa la pioggia del suo continuo precipitare. Innocente scende e distrugge, devasta e affoga”.
Quando l’acqua sale, l’appartamento al terzo piano di Gianluca ospita prima l’anziana Marisa e la sua badante moldava Angelica, poi Roberto e Veronica con il loro figlio Filippo. Infine arriva Mauro, ex anarchico da poco uscito dal carcere.
I ricordi delle persone amate, della propria terra. Il fallimento di un matrimonio, di una vita intera. La paura del diverso. L’emarginazione e l’inclusione. I pregiudizi. Il perdono.
Una goccia dopo l’altra, l’abitazione si riempie di temi sociali e morali narrati magistralmente dall’autrice, attraverso personaggi che rappresentano sfaccettature diverse di un unico organismo: la nostra società, racchiusa nella palazzina in cui si svolge la storia.
Marta Bonucci insegna come un evento devastante abbia il potere di rivelare e distruggere falsi equilibri, di far cadere le maschere che collezioniamo con tanta cura sul nostro volto, le stesse che rischiano di soffocarci, di farci annegare nelle colpe e nei rimpianti.
“Incolpate chi volete ma non prendetevela con l’alluvione se vi manca l’aria, non è colpa della pioggia se state affogando”.
Tutti noi dovremmo esporci al potente incedere della pioggia. Solo allora saremo liberi dalle nostre paure.
Articolo di Lorenzo Lapomarda.