Ti chiedo scusa – L’intervista

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Piccole storie e grandi messaggi: "Ti chiedo scusa", un albo illustrato che riscopre l'empatia

A cura di Alessandra Scatolini

Nel nuovo appuntamento di “Piccole storie e grandi messaggi”, il format di Barchette di Carta dedicato alla letteratura per l’infanzia, incontriamo l’autore di un albo illustrato che ci invita a riscoprire l’empatia in un mondo sempre più frenetico e individualista.

“Ti chiedo scusa” di Isabella Paglia, edito da Il Castello Editore e illustrato magistralmente da Paolo Proietti, utilizza la metafora del filo per rappresentare le relazioni umane: fili che possono essere fragili o robusti, che possono spezzarsi o unire, che insieme creano trame meravigliose. Attraverso parole accuratamente scelte e immagini delicate, l’autore ci ricorda l’importanza di “mettersi nei panni dell’altro”, di prestare attenzione a chi ci circonda e di riconoscere quando, anche involontariamente, abbiamo ferito qualcuno.

In un’epoca in cui sembra prevalere il modello del “bullo” e la corsa al dominio sociale, questo libro si presenta come un invito a rallentare, a guardare chi abbiamo attorno e a riscoprire l’atto del chiedere scusa come gesto di cura che guarisce prima di tutto noi stessi. Un messaggio rivolto ai bambini, che saranno i costruttori del domani, ma che parla profondamente anche agli adulti.

Nell’intervista che segue, scopriremo il processo creativo dietro a quest’opera, il significato della metafora del filo e l’importanza di scrivere con rispetto e ascolto per il pubblico più importante: i bambini.

L'intervista a Isabella Paglia

Come nasce l'idea di scrivere questo Albo?

Viviamo in una società in cui va forte il modello del “bullo” per sentirsi potenti, avere il controllo della situazione e stabilire un dominio sociale, sembra ci sia una corsa a sgomitare e calpestare senza guardare chi si ha attorno. L’altro sembra diventare invisibile. L’empatia sembra scomparire dal nostro vocabolario relazionale. Quando invece è fondamentale. La capacità di “mettersi nei panni dell’altro”, percependo, in questo modo, emozioni e pensieri, rende il vivere migliore. Bisogna fermarsi, rallentare il passo, guardarsi attorno. Ritornare ad avere attenzione. Chiedersi se anche involontariamente abbiamo ferito qualcuno e chiedere scusa perché è un atto di cura verso l’altro che guarisce però noi. L’atto di chiedere scusa fa parte di quella umanità vera che oggi stiamo perdendo e ci costringe a metterci nei panni dell’altro tenendo viva così la nostra capacità empatica. “Insegnare” lo sguardo empatico ai bambini è fondamentale, saranno loro a costruire il domani. Ci dobbiamo fare delle domande e chiederci soprattutto: “Che domani vogliamo costruire?” 

Il tuo libro si caratterizza per una delicatezza profonda tra parole e immagini. Quanto è difficile per un autore cercare le parole giuste e come nasce la scelta della metafora tra relazioni e il filo?

Devo ringraziare, prima di tutto Paolo Proietti che è un artista illustratore dall’intuito e dalla sensibilità profonda. Un umano vero, empatico. Siamo molto connessi artisticamente. Lui ha letto il testo ed è come se mi avesse anche letto dentro: perché io pensavo al filo, al gomitolo per indicare al bambino il nostro sistema di relazioni ma la cosa incredibile è che non gliel’ho mai accennato per renderlo libero e non influenzare le sue scelte stilistiche. Un filo può essere fragile ma anche robusto. Può spezzarsi oppure unire. La robustezza dipende dal rispetto e dalla capacità di ascolto. Un filo può collegare. Tanti fili colorati, in un telaio, tessono trame meravigliose. Per quanto mi riguarda, la scelta delle parole è spontanea, nasce dal cuore: non è difficile, è solo accurata e molto immediata. Cerco di ascoltare e ascoltarmi. 

Secondo te quanto, nel mondo di oggi, abbiamo difficoltà ad entrare in empatia con l'altro? Consiglieresti la lettura del tuo libro anche ad un pubblico adulto?

Si, ti ho anticipato e ti ringrazio per la domanda. Ribadisco il concetto dell’empatia: bisogna tornare a quella attenzione e a quella cura verso l’altro che poi, alla fine, è verso noi stessi perché tutto si riflette. Consiglio questo libro a tutti. É comprensibile a vari livelli. Il lettore, a seconda dell’età, percepirà sfumature diverse. 

Come nasce l'esigenza di voler scrivere per un pubblico "difficile" come quello dell'infanzia?

Come hai detto bene! Scrivere per i piccoli non è affatto facile come si pensa. É un onere e un onore. I bambini sono i lettori più importanti perché sono la parte più sacra della nostra umanità. Ci si deve relazionare con molta delicatezza, conoscenza, rispetto e, soprattutto, ascolto. 

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Sto imparando a non fare troppi progetti ma a vivere il presente con intensità e consapevolezza perché penso migliori la qualità della nostra vita e ci doni un po’ più di benessere, nel senso di stare bene. A volte è difficile perché non siamo abituati a prestare attenzione al presente e ci lasciamo facilmente sfuggire dei momenti invece semplici, piccoli ma preziosi. Ci si prova. Spero di continuare, ogni giorno, nel mio piccolo, a dare voce ai bambini. É la mia missione di vita lavorare con e per loro. Dita incrociate!

Grazie per le tue domande attente e sensibili. Un caro saluto a tutti voi!

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