Come parlare di fatti che non sono mai avvenuti

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Come parlare di fatti che non sono mai avvenuti

È il 2007 quando Pierre Bayard pubblica il primo dei tre volumi relativi al non detto/non esistito. Se “Come parlare di un libro senza averlo mai letto”, che apre la “trilogia”, è  il libro che ci rivela l’autore in tutto il suo estro letterario e intellettuale e “Come parlare di luoghi in cui non si è mai stati” introduce con ancor più fermezza il concetto di falsificazione della realtà, l’opinione di Bayard arriva al compimento della propria spiegazione al lettore in “Come parlare di fatti che non sono mai avvenuti”. 

L’argomentazione di Bayard si fa via via più strutturata esplorando prima i tipi di verità, poi le situazioni del discorso e, infine, i comportamenti da adottare.

 

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In un mondo in cui le informazioni sulle quali basiamo la nostra conoscenza sono sovrabbondanti e facilmente manipolabili, è davvero possibile distinguere in maniera netta  la verità  dalla finzione

Dopo il modo di presentarsi in pubblico, l’ambito della vita privata è indubbiamente quello in cui siamo più spesso portati ad allontanarci dalla realtà, ovvero a creare vere e proprie favole. Quando la sera raccontiamo la giornata ai nostri cari, che tipo di racconto verrebbe fuori se non ci prendessimo un po’ di libertà?

L’appello che Bayard lancia al lettore è un’ode alla consapevolezza critica, una doccia fredda sull’importanza di non smettere di porsi domande sulla conoscenza che si è acquisita, ma anche sulle modalità attraverso cui le informazioni sono giunte a noi o le abbiamo comunicate agli altri.

Il libro è leggero, scorrevole e ironico, eppure illuminante e riflessivo. Una lettura da non perdere se si ha voglia di guardare più da vicino e più attentamente le contraddizioni della realtà e del modo in cui la percepiamo, esplorando – di pagina in pagina – anche il nostro stesso modo di plasmare ciò che sappiamo di ciò che ci circonda.

Articolo di Martina La Malfa.

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