Il discorso del potere
Emiliano Brancaccio – Professore di Politica economica presso l’Università degli studi del Sannio – e Giacomo Bracci – Economista – con “Il discorso del potere” ci propongono di abolire il contestato Premio Nobel per le Scienze Economiche.
Nonostante la tesi possa apparire insensata e assurda agli occhi di un profano, l’interessante e accattivante analisi degli autori mostra la plausibilità della provocazione da loro lanciata.
Dal 1969 al 2018 (anno in cui termina l’analisi del libro) i vincitori del premio Nobel per le Scienze Economiche sono stati quasi tutti appartenenti al medesimo filone di ricerca: quello neoclassico della scarsità, o più volgarmente definito liberista. Non è un caso che attorno a questo modello e a queste teorie si siano poi plasmati i sistemi economici delle moderne società capitalistiche, dai primi anni del Novecento fino ai giorni nostri.
Solamente in rare ed isolate circostanze si è verificata una lieve apertura al pensiero eterodosso.
Furono i casi di Wassily Leontief nel 1973, di Gunnar Myrdal l’anno successivo e poi quello di Herbert Simon nel 1978.
Quello che emerge dalle pagine di questo libro è che “in campo economico le assegnazioni del Nobel non hanno contribuito all’avvio di una feconda concorrenza tra paradigmi ma l’hanno al contrario ostacolata”. A differenza di quanto è avvenuto per l’altra classe di scienze (quelle definite “dure”), come per esempio chimica, fisica e biologia – per le quali si sono alternati anche scienziati che Brancaccio e Bracci definiscono outsiders – il percorso che ha interessato l’economia (la cosiddetta “scienza molle”) ha premiato quelle teorie che avrebbero poi garantito rimanessero inalterati gli equilibri di potere di ogni moderna società a base capitalistica.
Si viene così a creare in economia un legame indissolubile e quasi necessario tra la riproduzione del paradigma scientifico dominante e la riproduzione dell’organizzazione sociale vigente, che non favorisce certamente l’apertura alla competizione tra paradigmi economici alternativi. Un vero e proprio “discorso del potere” che i due autori tentano di smascherare, mostrando le evidenti contraddizioni tra le teorie vincitrici del Nobel e la realtà descritta da quelle stesse teorie.
L’assenza quindi di un’apertura al pluralismo delle idee di tipo economico – soprattutto in seno all’Accademia di Scienze di Svezia – non favorirà nemmeno quella che viene definita una vera rivoluzione scientifica, catalizzatrice di un cambiamento economico, politico e sociale.
Articolo di Valerio Riga.