Oceano mare
“La vita si ascolta così come le onde del mare… Le onde montano… crescono… cambiano le cose… Poi, tutto torna come prima… ma non è più la stessa cosa…”.
Nel 1993, le correnti della pubblicazione conducono sulle spiagge della letteratura uno dei romanzi più poetici di Alessandro Baricco, tra i più famosi autori italiani contemporanei a essere amato quanto criticato.
Oceano mare, romanzo corale ed esistenziale, si suddivide in tre libri. Nel primo, “Locanda Almayer”, vengono presentati i sette personaggi principali insieme ai motivi per cui si trovano proprio in quel luogo: il pittore Plasson, che dipinge con l’acqua di mare; la cagionevole Elisewin, figlia di un barone, e il suo accompagnatore padre Pluche; il professor Bartleboom, uomo di scienza con l’obiettivo di scrivere un’enciclopedia dei limiti; Ann Deverià, spedita dal marito in riva al mare per farla “guarire” dal suo adulterio; Adams, ex marinaio che sembra sia stato in ogni parte del mondo; Savigny, tormentato dal passato e inseguito dal destino.
Nel secondo libro, “Il ventre del mare”, vengono narrati tragici eventi che riguardano due dei personaggi. Infine, ne “I canti del ritorno” viene mostrata la conclusione di ognuno di loro.
Nonostante abbiano problematiche e scopi diversi, ciò che accomuna i sette personaggi è il mare come arte, cura, studio e scoperta. Percorrono strade diverse che si incrociano e incontrano la loro fine grazie al mare, protagonista indiscusso del romanzo, descritto come qualcosa di vivo.
Il mare, infatti, è metafora della vita, dell’esistenza stessa. Affascina e spaventa. Dona e toglie. Cura e maledice.
“Il mare. Sembrava uno spettatore, perfino silenzioso, perfino complice. Sembrava cornice, scenario, fondale. Ora lo guardo e capisco: il mare era tutto. È stato, fin dal primo momento, tutto. […] C’era lui nelle mani che uccidevano, nei morti che morivano, c’era lui, nella sete e nella fame, nell’agonia c’era lui, nella viltà e nella pazzia, lui era l’odio e la disperazione, era la pietà e la rinuncia, lui è questo sangue e questa carne, lui è questo orrore e questo splendore. Non c’è zattera, non ci sono uomini, non ci sono parole, sentimenti, gesti, niente. Non ci sono colpevoli e innocenti, condannati e salvati. C’è solo il mare”.
Articolo di Lorenzo Lapomarda.