Stai zitta (e altre nove frasi che non vogliamo sentire più)
“Di tutte le cose che le donne possono fare nel mondo, parlare è ancora considerata la più sovversiva”, così Michela Murgia introduce il libro Stai zitta (e altre nove frasi che non vogliamo più sentire), uscito nel marzo del 2021 per la casa editrice Einaudi. Il tema della discriminazione semantica, infatti, è alla base di questo saggio ricco di spunti e scritto da una penna arguta ed ironica, capace di di creare tanti momenti di riflessione quanti di puro sarcasmo.
La politica del linguaggio, nello scenario contemporaneo globale, sebbene non sembri l’elemento principale da perseguire è, invece, fondante per ciò che concerne le molteplici avversità che le donne si trovano ad affrontare quotidianamente. Il monito di Murgia è perfettamente chiaro sin dall’incipit dell’opera: il modo in cui nominiamo la realtà è anche quello in cui finiamo per abitarla.
Murgia ci ricorda in queste centoventotto pagine, quanto ormai collettivamente, come società, ci si è talmente abituati al sottotesto maschilista che regola non solo i ruoli di potere, ma anche quelli del parlato, da non riuscire più talvolta a distinguere un’offesa da un’osservazione oggettiva o ancora più gravemente, a normalizzare il modo in cui i media dipingono le donne in relazione alla controparte maschile.
L’obiettivo di questo esaustivo bignami sulla radicalizzazione del dominio verbale maschilista, sulle sue origini e sulle modalità in cui può essere contrastato, è quello di parlare ai lettori più giovani e quindi, probabilmente, meno esperti in ciò che riguarda la discriminazione di genere tout-court.
Tuttavia è proprio per questa fascia di pubblico che questo libro è incredibilmente importante.
Chi meglio di Murgia, con la sua scrittura precisa ed incessante, può riuscire a coinvolgere migliaia di giovanissimi con l’auspicio che tra dieci anni non esistano più titoli di giornali ricchi solo di stereotipi e ottusità?
Probabilmente nessuno.
Articolo di Francesca Di Pasquo.